Premessa
Nel Post precedente (“L’imminente ritorno del Signore Gesù”) vi ho scritto dell'annunciata discesa dal cielo di Gesù nella parusia, promessa nel Nuovo Testamento come imminente, ma mai avvenuta. Prima di essa, secondo il vangelo di Luca (Lc 24, 50-53) e gli Atti degli apostoli (At 1, 9-11), Gesù fu portato in cielo con il suo corpo.
Riporterò ancora ampi brani del Nuovo Testamento, perché, se le persone si abituassero a leggerlo con attenzione e senza preconcetti, farebbero da sole molte interessanti scoperte. Mi avvarrò ancora della traduzione contenuta nella Bibbia CEI 2008.
Vangelo secondo Luca e Atti degli apostoli
Nel vangelo secondo Luca si narra che Gesù risorto, dopo aver impartito le ultime istruzioni ai discepoli, si staccò da loro e fu portato in cielo: “50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio” (Lc 24, 50-53).
Nel vangelo di Luca citato sopra, risurrezione e ascensione appaiono accadere
nello stesso giorno: in questo vangelo
non si fa nessuna menzione dei quaranta (questo numero simbolico
ricorre in ben trentanove versetti della Bibbia!) giorni di cui
narrano gli Atti degli apostoli: “3Egli si mostrò a
essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni,
apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. [...]
6Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è
questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». 7Ma
egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha
riservato al suo potere, 8ma riceverete la forza dallo
Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme,
in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra».
9Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una
nube lo sottrasse ai loro occhi. 10Essi stavano fissando
il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si
presentarono a loro 11e dissero: «Uomini di Galilea,
perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato
assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo»”
(At 1, 3. 6-11).
Probabili interpolazioni
Introducendovi un poco alla critica testuale, vi rendo edotti del fatto che la frase “καὶ ἀνεφέρετο εἰς τὸν οὐρανόν” (“e veniva portato su, in cielo”), che leggiamo in Lc 24, 51, probabilmente è interpolata: infatti, esaminando gli scritti attribuiti a Luca, non incontriamo mai, tranne che nel versetto citato, alcuna forma del verbo “ἀναφέρω” (di cui “ἀνεφέρετο” è la terza persona singolare dell'imperfetto indicativo passivo); negli Atti degli apostoli troviamo, in riferimento all'ascensione, tutt'altre radici verbali: in At 1, 9 leggiamo la voce verbale “ἐπήρθη” (“fu elevato in alto”), terza persona singolare dell'aoristo indicativo passivo del verbo “ἐπαίρω”, verbo che Luca usa, variamente coniugato, in molti versetti del suo vangelo (Lc 6, 20; 11, 27; 16, 23; 18, 13; 21, 28; 24, 50), e in At 1, 11 troviamo la frase “ὁ ἀναλημφθεὶς ἀφ' ὑμῶν εἰς τὸν οὐρανὸν” (“che di mezzo a voi è stato assunto in cielo”), che contiene la forma verbale “ἀναλημφθεὶς”, participio aoristo passivo del verbo “ἀναλαμβάνω”, il quale, con varie coniugazioni, appare otto volte nel testo greco degli Atti degli apostoli (ma mai nel vangelo secondo Luca). La traduzione CEI “che è stato assunto” della suddetta forma verbale greca “ἀναλημφθεὶς” non è teologicamente scorretta, perché anche gli altri verbi citati in precedenza dimostrano che Gesù, nell'evento mitico dell'ascensione, interpreta un ruolo del tutto passivo, in quanto “non sale al cielo”, ma “viene portato in cielo”. La sopraindicata frase “καὶ ἀνεφέρετο εἰς τὸν οὐρανόν” manca nel Codice Sinaitico di prima mano (comunemente indicato con la sigla א*), nel Codex Bezae Cantabrigiensis, nel Sinaitico Siriaco e in parecchi codici latini dell'Itala (il termine Itala designa le traduzioni della Bibbia in lingua latina, redatte tra il II e il IV sec. d.C. − anteriori alla Vulgata di s. Girolamo − e usate soprattutto nell'Europa meridionale, le quali, insieme con quelle precedenti dell'Afra, fanno parte della c.d. Vetus Latina: cfr. Aurelius Augustinus, De doctrina christiana libri IV, Liber II, 15, 22: PL 34, 46): potrebbe essere stata interpolata per prospettare una divinizzazione di Gesù (si tratta di un fenomeno umano, simile, per molti versi, all'apoteosi pagana in uso presso gli antichi Greci e i Romani: ad esempio, anche dell'eroe Eracle e del re Romolo si racconta che furono portati in cielo) d'impronta ellenistico-romana (v. Frederick William Danker, Walter Bauer, William Frederick Arndt, Felix Wilbur Gingrich, A Greek-English Lexicon of the New Testament and other Early Christian Literature, 3rd Edition, The University of Chicago Press, Chicago 2000, p. 75), non funzionale all'ideologia cristologica lucana, ma in sintonia con la successiva probabile interpolazione che si legge in Lc 24, 52: “προσκυνήσαντες αὐτὸν” (che la Bibbia CEI 2008 traduce con l'indicativo: “si prostrarono davanti a lui”), la quale presuppone un culto di adorazione al Cristo che, in realtà, si sarebbe affermato diverso tempo dopo la morte di Gesù e che non era stato ancora compiutamente recepito dal vangelo di Luca (gli Atti degli apostoli sono scarsamente attendibili dal punto di vista storico: v. Dennis E. Smith and Joseph B. Tyson (a cura di), Acts and Christian Beginnings: The Acts Seminar Report, Polebridge Press, Salem 2013). L'inciso “προσκυνήσαντες αὐτὸν” è omesso dal Codex Bezae Cantabrigiensis, dal Sinaitico Siriaco e da diversi codici latini dell'Itala e il lessema “προσκυνήσαντες” è participio aoristo attivo del verbo “προσκυνέω”, che Luca, nel vangelo a lui attribuito, usa solamente in due versetti del capitolo 4, citando l'Antico Testamento, allorquando racconta delle tentazioni di Gesù nel deserto (Lc 4, 7-8): dati di fatto che (congiuntamente al tradizionale principio “lectio brevior potior”, cioè “la lezione più breve è da preferirsi”) inducono a ravvisare nell'inciso citato più un'interpolazione tardiva che una redazionalità lucana: anche in questo secondo caso le omissioni presenti nei manoscritti menzionati costituiscono non-interpolazioni occidentali e non accidentali errori di trascrizione dei copisti.
Che cos’è la critica testuale?
Non
possiamo prescindere dalla critica testuale quando non disponiamo, come
si verifica per i libri che compongono il Nuovo Testamento, dei testi originali, ma solo di numerose copie indirette e di nessuna copia diretta di essi, se intendiamo pervenire a ricostruzioni critiche (storicamente ne sono state approntate diverse, dal c.d. Textus Receptus di Erasmo da Rotterdam al Novum Testamentum Graece di Nestle-Aland, l'edizione critica del NT più accreditata attualmente) che siano il più
possibile fedeli agli originali, i quali possono essere autografi, se scritti di pugno dall'autore, o idiografi, se scritti sotto la sua dettatura o sorveglianza o da lui autenticati. Con chiarezza e semplicità, Jacob Harold Greenlee scrive: “Textual criticism is the study of copies of any
written work of which the autograph (the original) is unknown, to ascertain the
original text” (Jacob Harold Greenlee, An Introduction to New
Testament Textual Criticism, William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids 1964, p. 11), che significa: “La
critica testuale è lo studio delle copie di qualsiasi opera scritta di
cui l'autografo [o l'idiografo. Nota mia] (l'originale) è sconosciuto, allo scopo di accertarne il
testo originale”. L'esame critico della tradizione del Nuovo Testamento, cioè del complesso dei c.d. testimoni manoscritti che ci tramandano i testi neotestamentari, mira a ricostruire, con la maggior approssimazione possibile, le forme più risalenti nel tempo di tali testi, e quindi più vicine cronologicamente agli originali (sebbene non sempre i manoscritti più antichi siano quelli più simili a essi), avvalendosi anche di
antiche traduzioni e di citazioni del NT contenute nelle opere dei
Padri della Chiesa (sia le une che le altre fanno parte della c.d. tradizione indiretta, da cui i testi neotestamentari sono tramandati congiuntamente con la tradizione diretta, costituita dall'insieme dei manoscritti espressamente redatti per trasmettere i suddetti testi in lingua originale, come ad esempio, per il solo NT, il cit. Codice Sinaitico), al fine di accertare innanzitutto l'archetipo (che non è l'autografo o l'idiografo, ma un manoscritto sconosciuto, da
cui discende, per vari gradi e rami, la tradizione di un testo) e poi, per quanto possibile, l'originale perduto, che la critica testuale tenta di ricostruire, allo stesso modo dell'archetipo, attraverso l'esame e il confronto
metodico dei testimoni manoscritti a nostra disposizione, vale a dire attraverso quell'operazione che tecnicamente si denomina recensione (termine che viene usato anche per indicare il risultato di essa oppure un gruppo di manoscritti neotestamentari appartenenti al medesimo tipo testuale), volta a scegliere, tra le varianti, la lezione del testo che sembra maggiormente corrispondente a quella dell'originale. Tenete presente che anticamente, quando non esisteva ancora la stampa, un'opera manoscritta poteva essere facilmente modificata numerossime volte dall'autore o da chiunque ne fosse venuto in possesso e che quei pochi manoscritti che venivano pubblicati in più copie non erano di solito tutti uguali, perché gli amanuensi vi apportavano frequentemente delle modifiche involontarie e/o intenzionali, che venivano poi diffuse attraverso le successive trascrizioni dei copisti, i quali incorporavano nel testo tali modifiche e ne aggiungevano delle altre.
L’Ascensione di Gesù in altri testi del NT
Anche il vangelo secondo Marco, al versetto 19 del capitolo 16, sembra riferire dell'ascensione: “19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc 16, 19), ma questo versetto, insieme con altri, fa parte del cosiddetto “finale lungo di Marco” (Mc 16, 9-20), che manca nei codici del NT (in filologia denominati anche testimoni del testo, come vi ho accennato sopra) più antichi e autorevoli (ovvero reputati maggiormente simili agli ipotizzati “originali”), quali il Codice Vaticano e il Codice Sinaitico (che non sono sicuramente dei “falsi”, ottocenteschi o di altra epoca, come taluno si è preso la libertà di affermare, prestando ancora fede, nel caso del Sinaitico, alle dichiarazioni, dettate da spirito di vendetta e vanagloria, del falsario Konstantinos Simonides: ovviamente mi riferisco ai manoscritti e non ai loro contenuti), e rivela uno stile diverso da quello marciano, in quanto, molto verosimilmente, fu aggiunto nella seconda metà del II secolo d.C. Persino il lettore più inesperto nota una singolare discontinuità tra il versetto 8 e il versetto 9 del capitolo 16 del vangelo secondo Marco.
Il più recente dei vangeli canonici, quello secondo Giovanni, espressione di una cristologia sotto molti aspetti diversa da quella dei sinottici, accenna indirettamente all'ascensione, allorché racconta che Gesù chiede a Maria Maddalena di non trattenerlo (nella Vulgata di san Girolamo troviamo la famosa traduzione “noli me tangere”), perché non è ancora salito al Padre, ma vi salirà: “17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”»” (Gv 20, 17).
Altri testi del Nuovo Testamento fanno accenno all'ascensione di Gesù, senza descrivere la dinamica di quest'episodio, ma, ai fini della nostra indagine, non è necessario soffermarsi su di essi: ricordo solo Ef 4, 7-13; 1 Tm 3, 16; 1 Pt 3, 21-22.
Ricostituzione del regno per Israele
Negli Atti degli apostoli, prima dell'elevazione in alto di Gesù, gli apostoli palesano il loro interesse assillante per la ricostituzione del regno per Israele: “6Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?»” (At 1, 6; cfr. Lc 19, 11; 24, 21).
Il Cristo non nega che avverrà questa restaurazione del regno davidico (cfr. Am 9, 11-15; Is 11, 11-12), ma precisa che non spetta a loro conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere e promette che riceveranno la forza dallo Spirito Santo (At 1, 7-8).
Nei versetti seguenti due uomini vestiti di bianco attestano agli apostoli che Gesù tornerà allo stesso modo in cui l'hanno visto andare in cielo (At 1, 11).
Esaltazione di Gesù
9Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome” (Fil 2, 8-9).
Il Gesù storico ha ormai ceduto definitivamente il passo al Cristo della Fede.
Conclusione
Devo aggiungere ― a beneficio di alcune persone bigotte e ipocrite, che mi assillano, e per mia onestà intellettuale ― che non solo il Cristo della Fede (una figura che è stata costruita gradualmente nei secoli), ma anche il Gesù storico (il Gesù ricostruito, facendo uso degli strumenti scientifici propri della ricerca storica, dai ricercatori, che, tuttavia, ancor oggi, non riescono a porsi di fronte a questo personaggio con equanime neutralità) non coincide del tutto con il Gesù reale che visse in Palestina circa duemila anni fa, perché le fonti di cui disponiamo non ci consentono di accedere a una conoscenza accettabile del Gesù reale. Utilizzando gli attuali strumenti di ricerca, non possiamo in nessun modo ottenere un ritratto storicamente esaustivo di lui, ma solo una ricostruzione parziale, incerta e lacunosa.
“Nam dilectio est cognitionis terminus” (Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 27, a. 4, ad 1): “Infatti l'amore [di Dio] è il termine della conoscenza”.
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