Premessa
Alcuni lettori mi hanno confidato che si trovano mentalmente bloccati nell'affrontare gli argomenti dei Post precedenti. Le cause posso essere diverse, ma ho notato che per comprendere quanto scrivo e accostarsi alla Bibbia e ai fenomeni religiosi senza troppi preconcetti è necessario prendere coscienza di almeno due errori di logica molto comuni e conoscere qualche nozione di psicologia, che presenterò brevemente e in maniera facile (sperando di essere compreso da tutti), al fine di liberare la mente da alcuni bias cognitivi che fanno venir meno l'esattezza del giudizio e conducono a conclusioni errate.
“Argumentum auctoritatis”
Un errore logico molto diffuso è quello usualmente denominato “argumentum auctoritatis”, in base al quale una tesi è considerata vera o falsa solo per l'autorevolezza o il prestigio attribuiti a chi la propone (a tal proposito si cita spesso l'espressione latina “ipse dixit”, cioè “l'ha detto proprio lui!”). Ad esempio, si incorre in questo errore logico quando si afferma che un assunto è vero solo perché lo ha enunciato un famoso docente (purtroppo devo usare il maschile per riferirmi a entrambi i sessi) o ha un fondamento storico solo perché si trova scritto nella Bibbia (che, secondo i cristiani cattolici, “senza essere l’unico locus theologicus, costituisce la base privilegiata degli studi teologici”, per citare le parole del documento L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa [Cap. III, D, 2], pubblicato a Roma il 15 aprile 1993 dalla Pontificia Commissione Biblica: l'espressione “loci theologici” è usata da diversi teologi cattolici per indicare le fonti della conoscenza teologica) oppure quando si considera una persona colpevole solamente perché un giudice ha irrogato una condanna nei suoi confronti. Molti poveri innocenti (storicamente, diversi di loro sono stati condannati intenzionalmente, con piena coscienza e volontà, per farli soffrire ingiustamente o per altri turpi motivi) languono in carcere (dove è troppo facile togliere la vita a un detenuto simulandone il suicidio), ma, poiché sono di genere maschile e non sono celebri, questo fatto lascia i più in una deplorevole indifferenza. Le stutture carcerarie sono criminogene e non sono idonee a svolgere nessuna funzione rieducativa (le sanzioni penali in genere si sono dimostrate inadeguate a esplicare un'efficace funzione di prevenzione speciale, capace di impedire che il condannato delinqua ancora), ma, producendo sofferenza, servono più che altro ad agire la pulsione aggressiva contro capri espiatori a cui vengono attribuiti, a ragione o a torto, comportamenti qualificati come devianti.
Fortunatamente gode di un sempre minore numero di sostenitori la vieta condanna della libertà di opinione, di coscienza, di manifestazione del pensiero e quindi di stampa, che leggiamo nelle encicliche Mirari vos di Gregorio XVI e Quanta cura di Pio IX, con l'allegato Syllabus.
“Argumentum ad popolum”, asservimento dei maschi e populismo penale
Dal suddetto “argumentum auctoritatis” deriva un altro errore logico molto frequente: l'“argumentum ad populum”. Si incorre in questo errore quando si sostiene che una tesi è vera solo perché è enunciata dalla maggioranza delle persone o almeno da gran parte di esse oppure quando si asserisce che una tesi è falsa solo perché in precedenza non è mai stata enunciata da nessuno o è enunciata solo da poche persone: ad esempio, si commette questo errore quando si afferma che una persona è sincera e onesta oppure menzognera e disonesta solamente perché la maggioranza delle persone la reputa tale; un altro esempio di tale errore logico è rappresentato dalla convinzione falsa ed erronea, ma assai diffusa, sostenuta anche da numerosi mezzi di comunicazione, secondo la quale le femmine (che nella realtà godono di un potere sessuale e di una considerazione sociale di gran lunga superiori a quelli dei maschi ― in genere zerbini/schiavi delle donne e non di rado anche criminali per le donne ―, i quali arrivano molto facilmente a idealizzarle e a favorirle) sarebbero vittime di omicidi e di altri reati contro la persona più dei maschi e sarebbero addirittura meno tutelate di questi, che non solo rivaleggiano stolidamente (coinvolgendo anche chi aggressivo di per sé non sarebbe) e sono scarsamente solidali fra loro, ma subiscono, in quanto maschi, anche una pesante discriminazione di genere, tanto intensa quanto misconosciuta. Se ci fossero meno aggressività e violenza (compresa quella “simbolica”) contro i maschi adulti che non possiedono un grande potere (sono la maggior parte e sono in assoluto la categoria più bistrattata, anche dalle donne) e s'incominciasse a rispettare e a tutelare la loro dignità di persone umane e la loro sensibilità (anche noi maschi di orientamento unicamente eterosessuale siamo esseri senzienti), prestando attenzione anche ai loro bisogni, anziché descriverli, con fuorviante generalizzazione mediatica, in termini costantemente negativi e considerarli carne da macello da mandare a morire in guerra o nei lavori più pericolosi e usuranti (la stragrande maggioranza dei morti sul lavoro sono maschi), ci sarebbero meno guerre, meno sfruttamento, meno criminalità, meno inutili sofferenze. Se si vogliono eliminare le guerre, bisogna imporre il rispetto anche nei confronti dei maschi. Lo Stato di diritto e la democrazia non sono possibili se il rispetto, le tutele e la solidarietà non sono garantiti in egual misura a tutti, maschi compresi. La violenta competitività tra maschi nel mondo animale (di cui fa parte la specie umana) nasce dall'esigenza di eliminare la concorrenza per assicurarsi gli accoppiamenti sessuali: anche la lotta tra maschi per il possesso del territorio o per raggiungere uno status sociale elevato trova le sue motivazioni profonde nel desiderio, talora inconscio, di conquistare le femmine. La nota sociologa, oltre che medico, Esther Vilar, nelle ultime righe di un suo celebre saggio sull'asservimento dei maschi da parte delle femmine (che dispongono di potenzialità manipolatorie di gran lunga superiori a quelle dei maschi), sostiene, basandosi su un'analisi disincantata, che “solamente le donne potrebbero rompere la maledizione dell’ammaestramento e dello sfruttamento [dei maschi]. Ma non lo faranno mai, non c’è motivo perché lo facciano. Non si deve assolutamente sperare nei loro sentimenti: le donne sono fredde e impietose. Il mondo sprofonderà quindi sempre più in questo cattivo gusto, in questa barbarie, in questa deficiente femminilità; e gli uomini, questi meravigliosi sognatori, non si sveglieranno mai dal loro sogno” (Esther Vilar, L'uomo ammaestrato, trad. it. di Clara Lürig, Bompiani, Milano 1971, pp. 162-163). I maschi (resi simili a sherpa che si sobbarcano a tutti i pesi, fisici e psicologici) vengono schiavizzati facendo leva sui desideri sessuali, sulle inclinazioni affettive, sui condizionamenti sociali, sulla insufficiente tutela che essi ricevono. La cavalleria e la galanteria verso le donne, due comportamenti che vengono imposti con l'educazione maschile tradizionale, comportano veri e propri rituali di sottomissione nei confronti del genere femminile.
La cosiddetta “rivoluzione sessuale” e le ondate femministe (con il correlato svilimento della famiglia tradizionale) hanno notevolmente accentuato la schiavitù dei maschi (a cui si sta facendo perdere letteralmente la testa mediante continui stimoli sessuali) nei confronti delle femmine, alle quali i primi non sanno più porre dei limiti: basti pensare all'obbligo insensato, che si sta diffondendo sempre più, di assumere almeno metà donne, indipendentemente dal merito (così capita che non vengano assunti soggetti più capaci e competenti di alcune femmine, solo perché sono di genere maschile! O viceversa!). Presunte discriminazioni (magari di secoli fa) sono utilizzate pretestuosamente per imporre discriminazioni ancora più gravi e innaturali, ma di segno opposto. La modalità relazionale più frequente nei confronti dei maschi (che, salvo rare eccezioni, non possono basarsi sulla seduzione sessuale per ottenere dei vantaggi), anche a livello istituzionale, non è l'offerta d'aiuto, come per le donne, ma l'aggressività: a volte si cercano solo pretesti per attaccarli e colpevolizzarli. Persino le persone più miti, se trattate con aggressività, sono indotte a reagire con aggressività e possono manifestare un comportamento violento. Numerosi studi hanno dimostrato che anche membri della magistratura e delle forze dell'ordine favoriscono in maniera marcata le donne: in ogni fase in cui è possibile (anche se magari non è consentito) esercitare una certa discrezionalità (dalla commissione del reato, o comunque dall'inizio della causa, alla sentenza e all'eventuale esecuzione penale o civile), le donne beneficiano di un trattamento molto più favorevole di quello riservato ai maschi; a parità di gravità del reato e di capacità a delinquere, le femmine sono generalmente condannate a pene più lievi rispetto ai maschi. In merito alle prassi investigative, anche quando sussiste una sostanziale equivalenza di indizi di colpevolezza, si tende a considerare le persone di genere maschile presunte colpevoli e quelle di genere femminile presunte innocenti: se quest'ultime commettono reati, di solito sono aiutate a cavarsela. Alcuni membri di polizia giudiziaria poco rispettosi della legge, oltre ad abusare del proprio ruolo per ottenere facili rapporti sessuali, sottraggono con metodi criminali e distruggono le prove a carico di donne loro parenti, coniugi, amanti o amiche e compiono efferate vendette per conto di loro. Hanno creato due morali: una molto indulgente e favorevole per le donne e una molto severa e ingiusta per i maschi.
Esiste una precisa volontà da parte di alcuni poteri forti di sottacere le violenze di cui sono vittime i maschi (i quali, a loro volta, sono sovente restii a denunciarle, soprattutto quando le subiscono da parte di donne, per non mostrarsi vulnerabili e rischiare di perdere chances di conquistarle). Addirittura è molto diffusa la convinzione che non sia un fatto grave aggredire un maschio, mentre le femmine sono considerate “intoccabili”: bisogna educare le persone a superare le discriminazioni basate sul sesso e gli stereotipi di genere affinché siano considerati “intoccabili” anche i maschi, in quanto ancora non si è creata una forte volontà generale di porre termine alle violenze contro questi ultimi: se una donna viene aggredita, è molto probabile che altre persone intervengano in suo aiuto, mentre un maschio aggredito difficilmente riceve soccorso. Moltissimi individui (maschi e femmine) di corto criterio e di scadente umanità si permettono di ridere quando è un maschio a subire ingiustamente il male, così come moltissimi uomini si atteggiano a protettori delle donne anche quando queste non ne hanno assolutamente bisogno o hanno torto, non vergognandosi nemmeno di usare la violenza contro i maschi vittime di false accuse. Un'attrazione eccessiva nei confronti delle donne e una marcata aggressività contro i maschi (è stata dimostrata una connessione tra i due fenomeni, che presentano sempre una considerevole componente culturale) sono alla base di moltissime condotte criminali e discriminatorie: più le persone annettono importanza all'attività sessuale più alto è il rischio che tengano condotte aggressive e criminali. Per riuscire a costruire legami positivi con altri maschi (la vera amicizia tra maschi è sempre più rara e viene sostituita da mere alleanze) è necessario sublimare una parte della libido, sottraendola alle donne e alla vita sessuale, cosa che nella società attuale è molto difficile da praticare: nuove ondate di libido incontrollata nel mondo occidentale potrebbero rendere ancora più problematici i rapporti sociali. Mai si è riscontrato un tale grado di cattiveria nei rapporti umani come in quest'epoca di smodato femminismo, che è uno dei più importanti cavalli di Troia impiegati per sopprimere l'uguaglianza tra cittadini e le libertà democratiche.
È auspicabile una reale parità di trattamento fra i sessi in tutti gli ambiti della vita sociale: sono altresì consapevole che questi temi sono spesso presentati in maniera distorta e strumentalizzati dai mass media e da politiche e politici in cerca di facili consensi. Con una certa frequenza femmine e maschi di potere impongono ai mezzi di comunicazione di ingigantire alcuni problemi (ad esempio la violenza contro le donne) e di minimizzarne altri (ad esempio la violenza contro i maschi), spesso più gravi e urgenti ma che non si vogliono affrontare, allo scopo di offrire facili e fittizie soluzioni a buon mercato (ad esempio, inasprendo a dismisura le pene relativamente ad alcuni reati per cui si è creato ad hoc un notevole allarme sociale), mirando a fare demagogicamente bella figura senza impegnarsi più di tanto. Quando si provoca un aumento eccessivo del senso d'insicurezza collettiva, la paura rischia di diventare il principale collante sociale e l'inasprimento parossistico ed irrazionale della repressione penale, che quasi sempre ne consegue, favorisce l'instaurarsi di regimi autoritari, in cui la giustizia penale supplisce all'insufficienza di interventi efficaci di carattere politico-sociale. Sopravvalutare la c.d. funzione di prevenzione generale della pena (secondo cui la pena serve a impedire che i consociati delinquano) significa aprire la strada a sanzioni di disumana ed inutile crudeltà e di sproporzionata durezza, senza ottenere lo sperato effetto dissuasivo e con il rischio di ampliare in modo abnorme il potere punitivo dello Stato (il populismo penale di questi ultimi anni, in cui l'apparente democrazia è stata soppiantata dalla demagogia, viene propagandato per motivi di convenienza politica). Del resto, anche le teorie retributive non consentono di determinare una pena che, oltre a realizzare una vendetta e/o un'espiazione, sia anche secondo giustizia, considerato che non esistono società realmente “giuste” (in cui non si fa torto a nessuno), fondate sull'uguaglianza e sulla parità di trattamento (malgrado già il giureconsulto romano Domizio Ulpiano riferisse che “[...] per quanto attiene al diritto naturale, tutti gli uomini sono uguali”, “[...] in quanto per diritto naturale tutti nascono liberi”: v., nel Digesto giustinianeo, l'originale latino, rispettivamente in Ulp. 43 ad Sab. D. 50.17.32 e in Ulp. 1 inst. D. 1.1.4), e che le persone non sono onniscienti e del tutto razionali, in grado di prevedere sempre in anticipo le conseguenze dei loro eventuali comportamenti criminali, perché il libero arbitrio si rivela essere un concetto utile ma illusorio, dato che gli esseri umani non sono mai totalmente “liberi” di autodeterminarsi, come, invece, presupponeva semplicisticamente, seppur con qualche eccezione, la Scuola classica di diritto penale. L'irrogazione di una sanzione penale non può mai essere giustificata solo razionalmente (nemmeno qualora si concepisca il diritto penale come mero strumento di controllo sociale), sia quando si tenti di trovarne il fondamento e la legittimazione in base al “quia peccatum est”, cioè perché si è commesso un reato, sia quando si tenti di trovarli nel “ne peccetur”, cioè perché non si commettano reati, volendo usare due celebri formule risalenti al filosofo latino Seneca (v. Lucius Annaeus Seneca, De Ira, I, 19, 7), che corrispondono, grossomodo, alle due grandi categorie in cui di solito sono suddivise le teorie della pena: quella delle teorie retributive e quella delle teorie preventive. Sono principalmente le condizioni di vita che portano le persone a delinquere. A proposito del sistema penale, Lev Nikolaevič Tolstoj, che osava osservare le profondità dell'animo umano, attribuisce queste riflessioni al principe Nechljudov: “[...] gli uomini volevano fare una cosa impossibile: essendo malvagi, correggere il male. Uomini viziosi volevano correggere uomini viziosi e pensavano di ottenerlo in modo meccanico. Ma il risultato di ciò era soltanto che uomini bisognosi e avidi, facendosi una professione di questo presunto castigo e correzione del prossimo, si erano corrotti essi stessi al massimo grado e corrompevano ininterrottamente anche coloro che tormentavano. [...] non c’è uomo che non sia egli stesso colpevole e perciò possa punire o correggere. [...] Quell’obiezione [cioè: “si possono forse lasciare impuniti (i malviventi)?”] avrebbe avuto senso se fosse stato dimostrato che il castigo riduce i delitti, corregge i delinquenti; ma essendo dimostrato l’esatto contrario ed evidente che non è in potere degli uni correggere gli altri, l’unica cosa ragionevole che si possa fare è cessare di fare quello che non solo è inutile, ma dannoso, oltreché immorale e crudele. «Da secoli punite quelli che giudicate delinquenti. E allora, sono forse stati eliminati? Non sono stati eliminati, anzi il loro numero è accresciuto sia dai delinquenti che sono corrotti dalle pene, sia da quei criminali-magistrati, procuratori, giudici istruttori, aguzzini, che giudicano e puniscono la gente»” (Lev Nikolaevič Tolstoj, Resurrezione, trad. it. di E. Guercetti, XV edizione, Garzanti, Milano 2015, pp. 474-475; cfr. Gv 8, 7). Nell'opera di Tolstoj appena citata troviamo scritte anche queste dolorose osservazioni: “Così, dopo aver rastrellato centinaia di persone non solo innocenti, ma anche evidentemente innocue per il governo, le tenevano a volte per anni in carcere, dove si ammalavano di tisi, impazzivano o si suicidavano; e le tenevano solo perché non c’era motivo di rilasciarle, mentre restando a portata di mano in prigione potevano tornar utili per chiarire qualche questione durante un’inchiesta. Il destino di tutti costoro, spesso innocenti perfino dal punto di vista del governo, dipendeva dall’arbitrio, dal tempo, dall’umore dell’ufficiale dei gendarmi o della polizia, della spia, del procuratore, del giudice istruttore, del governatore, del ministro. Il tale funzionario si annoia o vuole mettersi in mostra: arresta, e a seconda dell’umore suo o dei superiori, tiene in prigione oppure rilascia. E il superiore, pure a seconda del bisogno che ha di mettersi in mostra, o dei suoi rapporti con il ministro, confina in capo al mondo, o tiene in segregazione cellulare, o condanna alla deportazione, ai lavori forzati, a morte, oppure rimette in libertà, se glielo chiede qualche dama” (Lev Nikolaevič Tolstoj, op. cit., p. 401); a cui segue, diverse pagine dopo, una considerazione, più fiduciosa: “Nechljudov capì allora che la società e l’ordine in generale esistono non perché ci siano questi criminali legalizzati, che giudicano e puniscono gli altri, ma perché, nonostante tale aberrazione, gli uomini comunque si compatiscono e si amano vicendevolmente” (Lev Nikolaevič Tolstoj, op. cit., p. 475).
Pochi sanno che l'insistenza ormai ossessiva nell'esaltare le donne e nel denigrare i maschi (che sta distruggendo i rapporti umani e creando un clima di guerra) è voluta anche da influenti élites politico-economiche per fini di potere politico-sociale e di espansionismo economico (i due aspetti sono interconnessi): nel mondo occidentale è in corso un'imponente campagna di svalutazione dell'immagine maschile (si arriva addirittura a far credere che i maschi abbiano una dignità inferiore a quella delle femmine); a livello massmediatico si assiste spesso a un riprovevole incitamento all'odio contro i maschi eterosessuali ― oggi iperstimolati sessualmente e al contempo repressi nei loro comportamenti sessuali ―, che ricorda i metodi di propaganda tipici dei regimi dittatoriali. Questa ingente stigmatizzazione e penalizzazione dei maschi comporta costi sociali altissimi. La discriminazione contro i maschi è la madre di tutte le discriminazioni: chi l'approva accetta facilmente anche le altre forme di discriminazione.
Le aspettative, che un soggetto autorevole nutre nei riguardi di un altro, spingono quest'ultimo a comportarsi secondo le suddette aspettative, confermandole: ad esempio, in ambito scolastico (in cui, come in altri ambiti, i maschi, spesso ingiustamente umiliati, sono trattati peggio delle femmine e, a parità di prestazioni, ottengono voti inferiori a queste ultime), l'andamento positivo o negativo delle prestazioni intellettuali di uno studente è determinato in modo considerevole dalle predizioni favorevoli o sfavorevoli degli insegnanti nei suoi confronti, perché le valutazioni preconcette, in merito a una persona o a una situazione, sono in grado di indurre comportamenti che portano alla realizzazione di tali valutazioni, determinando l'autoavverarsi della profezia (v. Robert Rosenthal e Lenore Jacobson, Pigmalione in classe, Franco Angeli, Milano 1992; cfr. Mark Snyder, When Belief Creates Reality, in Leonard Berkowtiz (a cura di), Advances in Experimental Social Psychology, Vol. 18, Academic Press, Orlando 1984, pp. 247-305). Joseph Alois Schumpeter dava “la lode a tutte le studentesse, un voto abbastanza alto agli studenti cinesi e il voto più basso a tutti gli altri studenti” (Richard Thomas Gill, Il pensiero economico moderno, trad. it. di G. de Vergottini, Società editrice il Mulino, Bologna 1983, nota 4, p. 102).
Ormai si protesta quasi esclusivamente per i diritti delle donne e dei c.d. gay, come se i maschi eterosessuali non subissero più alcuna ingiustizia o violenza. C'è
anche chi in pubblico interpreta la parte di paladino delle donne, ma
in privato abusa di esse e chi provoca o addirittura inventa aggressioni
contro le donne per screditare fortemente l'accusato (lo scrittore
Heinrich von Kleist tramanda che il principe germanico Arminio tagliò una giovane germana in vari pezzi,
che inviò alle tribù della Germania, attribuendo la responsabilità del
misfatto a un romano, allo scopo di provocare un'insurrezione generale:
una “false flag operation” ante litteram!). Molti sedicenti “analisti” si rifiutano di comprendere che le ideologie femministe ormai imperanti influenzano anche il magistero di papa Francesco: già affermare che le donne in generale sono migliori dei maschi costituisce una palese e inaccettabile discriminazione di genere.
Non bisogna avere remore a ribadire che anche i maschi, se sono vittime di reati, devono essere adeguatamente tutelati, senza trascuratezze e colpevolizzazioni, sebbene le femmine, in contrasto con il principio di eguaglianza, siano ritenute da molti più legittimate dei maschi alla richiesta d'aiuto e suscitino con facilità istinti di protezione e di sostegno nei loro confronti, anziché di aggressività, come invece succede di frequente nei confronti dei maschi. Molti soggetti di genere maschile mi hanno confessato che sono arrivati alle forme più estreme di violenza contro altri maschi su istigazione delle donne ― che riescono molto facilmente a mettere i maschi gli uni contro gli altri ―, senza nemmeno verificare se quanto esse affermavano fosse vero. Scrive sarcasticamente il poeta latino Decimo Giunio Giovenale: “Nulla fere causa est in qua non femina litem / moverit” (Decimus Iunius Iuvenalis, Satura VI, 242-243), cioè: “Non c'è quasi causa in cui non sia stata una donna ad aver promosso la lite”. È estremamente dannosa per la convivenza civile la mentalità maschilista ― conveniente anche per le femministe ― che porta a far sì che i maschi percepiscano gli altri maschi come avversari da attaccare e colpevolizzare e le femmine, invece, come creature indifese da proteggere e scusare, sebbene attualmente esse siano in forte competizione con i maschi, una discreta percentuale dei quali non ha preso ancora piena coscienza di essere meno gradita delle femmine per motivi legati alla sessualità. Il condizionamento culturale è così intenso che diversi maschi ritengono onorevole e conveniente eseguire feroci vendette per conto delle donne, che di solito evitano di esporsi in prima persona, o espiare per colpe non commesse da loro, ma da una o più donne, fungendo da patetici capri espiatori, sempre con la speranza, più o meno segreta, di ingraziarsele e il timore, conscio o inconscio, di essere presi per omosessuali. Il più delle volte i maschi, nelle loro relazioni con le femmine, si riducono a interpretare il ruolo di servili e compassionevoli mendicanti di un po' di sesso, rapportandosi con gli altri maschi come se fossero rivali sessuali e cedendo senza eccessiva difficoltà ai ricatti femminili, anche a quelli più turpi. I bravi pubblicitari sanno che gran parte degli articoli acquistati dai maschi sono scelti per piacere a reali o ipotetiche donne e che è sempre per questo motivo che molti di loro cercano di raggiungere il successo in campo professionale.
Mark Warr ha rilevato che, nella realtà, le donne dimostrano un grado più elevato di paura egoistica (cioè per se stesse) che di paura altruistica (ossia per gli altri): sono invero i maschi a provare maggiore paura altruistica per i propri familiari e, in particolare, per le mogli, anziché il contrario, come invece immagina erroneamente la maggior parte delle persone (v. Mark Warr, Fear of Victimization: Why Are Women and the Elderly More Afraid?, in Social Science Quarterly, Vol. 65, No. 3, Austin 1984, pp. 681-702 e, dello stesso autore, Altruistic fear of victimization in households, in Social Science Quarterly, Vol. 73, No. 4, Austin 1992, pp. 723-736). Per quanto attiene all'equilibrio energetico tra libido oggettuale e libido narcisistica (o dell'Io), è dato rilevare in prevalenza una percentuale di quest'ultima notevolmente maggiore nelle femmine adulte rispetto ai maschi adulti (cfr. Bela Grunberger, Il narcisismo nella sessualità femminile, in Janine Chasseguet-Smirgel, La sessualità femminile, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 109-135). Un volume un po' datato (attualmente la situazione è considerevolmente peggiorata) e non totalmente condivisibile, ma di sicuro interesse, per comprendere la criminalità femminile, è quello di Otto Pollak, The criminality of women, Greenwood Press, Westport 1978: alcuni autori e autrici, interpretando il ruolo di paladini/e a oltranza delle donne, hanno tentato di confutare le osservazioni contenute in questo libro, finendo, involontariamente, per confermarle.
Difficoltà delle persone a distinguere il vero dal falso
Ribadisco un principio elementare che è spesso disatteso: non basta che una convinzione o un fatto siano asseriti da poche o molte persone (o scritti in uno o più libri) perché siano veri, come non basta che una convizione o un fatto non siano mai stati asseriti da nessuno in precedenza, o siano asseriti solo da poche persone, perché siano falsi. La maggior parte degli individui, a causa delle limitate capacità cognitive (noi esseri umani siamo tutti limitati), incontra serie difficoltà a distinguere il vero dal falso e quindi il giusto dall'ingiusto (sia dal punto di vista morale sia da quello giuridico). Gli esseri umani basano i propri giudizi su quanto viene loro riferito (sul “sentito dire”), che interpretano sulla base dei loro schemi mentali, e non sulla realtà, quando non possono (come avviene in moltissimi casi) avere conoscenza certa e diretta di quest'ultima. Se le persone, che tendono a comprendere e interpretare la realtà attraverso la lente deformante delle pulsioni, dei desideri e delle paure che le abitano, e che comunemente adottano un modo di pensare molto semplificato e semplificante, si accorgessero, anche solo per un istante, di quante menzogne vengono loro propinate e di quante idee sbagliate coltivano, cadrebbero nello sconforto; la maggioranza di loro sa quel poco che le si fa credere e che ritiene di discernere, non potendo o non volendo eseguire gli indispensabili accertamenti, e si comporta di conseguenza (è questo il grande limite dei sistemi democratici): perciò accade di sovente che le persone ritengano ingenuamente di essere libere e sovrane nelle loro decisioni anche quando sono fortemente manipolate. Persino le persone più ricche e potenti, che dispongono dei mezzi per effettuare accurate ricerche, imporre un'immagine molto positiva di se stesse e compiere brutali ritorsioni (a volte apparentemente nonviolente), ricevono numerose false informazioni. Nonostante il detto popolare, la verità non viene sempre a galla. C'è chi crede alle asserite apparizioni della Madonna e al paranormale, ma non a fatti reali e concreti, perché di questi ultimi non ha mai sentito parlare da parenti e amici o dai mezzi di comunicazione, da cui si ricava spesso una visione della realtà parziale e deformata, seppur presentata talora in modo suggestivo e suggestionante. Sono i mezzi di comunicazione di massa, che non danno nessuna garanzia di veridicità e completezza dell'informazione, soprattutto televisione e giornali, a formare l'opinione pubblica.
Se le effettive classi dominanti (che sono intimamente atee e si adoperano per mantenere le classi subalterne in uno stato di ignoranza e infantile credulità), abbandonando l'abituale ipocrisia, si decidessero a far sapere al popolo la verità ― anziché costringerlo surrettiziamente a fare ciò che conviene a loro ―, quest'ultimo potrebbe decidere con maggior cognizione di causa e autonomia di giudizio. Da millenni si usa molto l'espediente di far credere che giovi all'intera comunità sociale ciò che invece torna utile solo ad alcuni settori di essa o solo ad alcuni individui. Nessuno, tuttavia, può pretendere la divulgazione di notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, devono rimanere segrete. Sfortunatamente, mutatis mutandis, non hanno ancora perso di validità le seguenti parole dei filosofi Karl Marx e Friedrich Engels: “Die Gedanken der herrschenden Klasse sind in jeder Epoche die herrschenden Gedanken” (Karl Marx - Friedrich Engels, Die deutsche Ideologie, in Karl Marx - Friedrich Engels, Werke, Band 3, Karl Dietz Verlag Berlin, Berlin 1969, p. 46), che significano: “Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti”; per essere più precisi, possiamo affermare che le idee dominanti sono sovente quelle imposte dalla classe dominante. Nelle “caste” dominanti si entra per cooptazione, analogamente a quanto avviene nella massoneria: “Non bisogna dimenticare che, anche nell’era della comunicazione globale, la massoneria resta una realtà segreta, iniziatica, nella quale si entra per cooptazione” (Ferruccio Pinotti, Fratelli d'Italia, Rizzoli, Milano 2007, p. 7); nelle società industriali avanzate si sono formate “classi dirigenti ristrettissime, il cui ricambio è assicurato da una specie di perenne cooptazione ed espulsione gestita dall’interno dell’élite del potere” (Sabino Acquaviva, Progettare la felicità, Laterza, Roma-Bari 1994, p. 92).
L'interazione sociale si basa più sulle convinzioni iniziali, anche se errate, che sulla realtà del momento: i ricercatori Mark Snyder e William B. Swann Jr, in un loro celebre esperimento, notarono che, se a una persona si comunica falsamente che un'altra, con cui dovrà sostenere una conversazione su un determinato argomento, è (a differenza di altre) ostile, la prima avrà una discussione più accesa con quest'ultima (rispetto alle persone che le sono state presentate come non ostili), la quale, a sua volta, reagirà in maniera ostile e, inopinatamente, manterrà questo atteggiamento ostile anche conversando con una terza persona estranea alla discussione iniziale, comportandosi in maniera coerente con l'atteggiamento strutturato durante la prima conversazione, quantunque il referente, che ha dato origine a esso, sia mutato (v. Mark Snyder and William B. Swann Jr, Behavioral confirmation in social interaction: From social perception to social reality, in Journal of Experimental Social Psychology, 14 (2), 1978, pp. 148-162). Anche i politici (e le politiche) al potere non si scontrano quasi mai tra loro sulla realtà, ma sulle idee che riescono a infondere nelle menti delle persone, forgiando l'opinione pubblica a proprio vantaggio; il trend attuale di quelli che invece desiderano farsi eleggere si muove nel senso di studiare in modo sempre più accurato, avvalendosi di esperti qualificati e di sofisticati algoritmi, le opinioni e le preferenze dell'elettorato, al fine di presentare un'immagine di sé e un programma elettorale che possano incontrare il gradimento del maggior numero possibile di votanti. Gli ingenui (sotto molti aspetti lo siamo un po' tutti) tendono a vedere il mondo, e segnatamente le altre persone, come vengono loro descritti, anziché come sono realmente. Forse non ci crederete, ma esistono ancora moltissimi soggetti che s'illudono di vivere in un “mondo giusto”, in cui la verità e il merito sono sempre premiati e la falsità e il demerito, invece, puniti: alcune religioni pretendono di dare ad intendere che il premio e la punizione non sono elargiti in questo mondo (o non solo in questo mondo), ma sicuramente nell'altro, che, a loro dire, sarebbe infallibilmente “giusto”. Giacomo Leopardi riassume in una frase divenuta celeberrima un'osservazione acutissima: “Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi nomi loro” (Giacomo Leopardi, Pensieri, I, Felice Le Monnier, Firenze 1845, p. 115).
Falsità, ipocrisia e potere
È
necessario tenere sempre presente che numerosissime persone (fra cui soggetti molto potenti e influenti, sia femmine che maschi) sono false e ipocrite, anche se magari sbandierano grandi ideali (furbescamente utilizzati per asservire le masse) o sono considerate affidabili ed esperte in qualche materia, e, quindi, per convenienza personale (a volte
malintesa), portano avanti con
piena consapevolezza tesi che sanno essere errate e diffondono con
successo rappresentazioni e interpretazioni della realtà totalmente
dereistiche, ma per molti convincenti (a onor del
vero, nel corso della mia vita, non ho mai conosciuto una persona del
tutto sincera); nella seconda di copertina
di un volume scritto da Brian King si trova l'arguta risposta ― non lontana
dalla verità ― a un quesito su cui l'umanità si è arrovellata per secoli: “Cosa
distingue l’uomo dagli altri animali? L’amore? Il senso del sacro? Il pudore?
La risposta migliore è: la capacità di mentire, sempre e comunque” (Brian
King, L'arte di mentire onestamente (o quasi), trad. it. di A.
Carusi,
Castelvecchi, Roma 2007). Io stesso sono stato (e in certa misura sono
ancora) vittima di gravissime calunnie, che hanno distrutto la mia vita, nella grande maggioranza dei casi da parte di persone di genere femminile, a cui, come a tutti, non si deve credere subito senza effettuare le
opportune verifiche, come, invece, purtroppo è accaduto frequentemente
nel corso della mia esistenza: per quanto riguarda le calunnie più
gravi, alla fine la verità è emersa, ma ormai la mia vita era
compromessa. Dopo molti anni di complice silenzio, la piaga delle false accuse femminili, che non sono solo sessuali e che stanno aumentando notevolmente, deve essere combattuta. Su un interessante episodio in argomento, che vide come vittima delle calunnie femminili un santo anacoreta, v. il Post Un monaco calunniato: san Macario il Grande – La legge naturale. Se sussistono i presupposti formali e sostanziali, non bisogna avere remore a rinviare a giudizio le donne che denunciano o querelano falsamente qualcuno che sanno essere innocente e/o lo diffamano (v. artt. 368 e 595 Cod. Pen. it.).
«Ogni uomo è bugiardo»” (Salmo 116, 11. Bibbia CEI 2008), concetto ribadito da Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani:
Gran parte degli esseri umani è al contempo (semplifico al massimo per farmi capire da tutti) ingannata e ingannatrice, sia vittima che ideatrice di falsi ragionamenti, oltreché poco razionale, molto superficiale nelle proprie valutazioni, troppo incerta o troppo sicura di sé, egoista e incline a comportamenti aggressivi ed immorali (qualunque sia la morale interiorizzata o solamente professata, “immoralità” compresa): questo accade a causa di caratteristiche intrinseche alla natura umana e non per le conseguenze del peccato originale, la cui dottrina, al fine di non scalfire la fede nell'infinita misericordia di Dio, finisce con l'attribuire all'umanità, nelle persone dei suoi mitici progenitori, la colpa della sua misera condizione (cfr. Gen 3, 16-19). Nelle aule di giustizia sono innumerevoli le false testimonianze. Prestate attenzione più ai comportamenti concreti (malgrado ne siano resi pubblici solo alcuni, sia pro che contro, e anche questi siano tutti da verificare) che alle etichette: ho conosciuto moltissimi individui (femmine e maschi) che miravano al dominio totale sugli altri, fino all'abuso, mascherandosi da cristiani o da patrioti, oppure da paladini della democrazia e dei diritti umani o da difensori degli oppressi. Persone di ogni condizione sociale conducono, senza particolari problemi, una doppia vita; nel corso delle mie osservazioni partecipanti ho riscontrato un sorprendente grado di falsità e ipocrisia anche nelle confessioni e associazioni religiose che ho frequentato (è stato impressionante per la mia sensibilità assistere a gravi crimini commessi, anche ai miei danni, da presbiteri cattolici, alcuni dei quali mi hanno rivelato il loro ateismo, coperto da una coltre di ipocrisia). Platone fa dire a suo fratello maggiore Glaucone: “[...] tu fa’ conto, Socrate, che non sia io a parlare, bensì quelli che esaltano l’ingiustizia a spese della giustizia. Essi sostengono che l’uomo giusto, per il suo comportamento, verrà frustato, torturato, imprigionato; gli bruceranno gli occhi, e dopo avere sofferto mali d’ogni genere verrà impalato e capirà che occorre desiderare non di essere, ma solamente di sembrare giusto” (Platone, La Repubblica, a cura di G. Lozza, I ed. Oscar Classici, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1990, pp. 105 e 107).
Poiché l'anarchia è di fatto incompatibile con l'esistenza di una comunità umana organizzata (sicuramente l'aumento dei rischi di un'insurrezione armata contro i poteri dello Stato è direttamente proporzionale all'aumento delle ingiustizie e dello scontento sociale), è utile studiare nuove forme ― più democratiche (non può esistere una vera democrazia finché non si creano le condizioni per una pari dignità sociale di tutti i cittadini) e condivise ― di acquisizione, mantenimento ed esercizio del potere, il più limitato possibile, che non devano necessariamente basarsi sull'ipocrisia e sulle menzogne, con i connessi abusi: il potere per legittimarsi indossa delle maschere. “[…] c’est une expérience éternelle, que tout homme qui a du pouvoir est porté à en abuser; il va jusqu’à ce qui’il trouve des limites” (Charles de Secondat de Montesquieu, De l'Esprit de Loix [titolo attualmente noto con la grafia “De l'Esprit de Lois”], Livre XI, Chapitre IV, in Oeuvres de Monsieur de Montesquieu. Nouvelle Édition, Tome Premier, Jean Nourse, Londres 1772, p. 190), vale a dire: “[...] è un'esperienza di sempre, che ogni uomo che ha un potere è portato ad abusarne; lo fa finché non trova dei limiti”; falsificano pesantemente la realtà coloro che vogliono darvi ad intendere che possano esistere individui o istituzioni incapaci di usare per fini malvagi il potere (secolare o religioso) di cui dispongono. Chi ha più potere può, più degli altri, fare anarchicamente ciò che vuole e ha più possibilità di fare del male (soprattutto illegalmente) alle altre persone senza subire conseguenze negative: non di rado anche coloro che hanno posto le norme morali o giuridiche o devono farle rispettare si pongono impunemente al di fuori di esse, se lo reputano conveniente. “I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi” (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, cap. II).
Nei secoli XVII e XVIII si dedicò molto interesse ai “metodi che permettono il controllo minuzioso delle operazioni del corpo, che assicurano l’assoggettamento costante delle sue forze ed impongono loro un rapporto di docilità-utilità: è questo ciò che possiamo chiamare «le discipline». Molti dei procedimenti disciplinari esistevano da lungo tempo ― nei conventi, negli eserciti, nelle manifatture anche. Ma le discipline divennero nel corso del secolo XVII e XVIII formule generali di dominazione” (Michel Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, trad. it. di A. Tarchetti, quarta edizione, Einaudi, Torino 1976, p. 149). Il crescente divario tra ricchi e poveri rende sempre più difficoltoso l'esercizio della democrazia, che attualmente sta arretrando di fronte a regimi solo nominalmente democratici, ma di fatto oligarchici. Il principio di solidarietà è consentaneo alla democrazia: “[...] la formula «democrazia sociale» è da intendere non già come una delle possibili forme di democrazia, bensì come la sua forma necessaria, sicché l’aggettivo assume la funzione di rendere evidente quella parte di contenuto coessenziale a qualsiasi regime democratico” (Costantino Mortati, Istituzioni di diritto pubblico. Tomo I. Nona edizione rielaborata ed aggiornata, Cedam, Padova 1975, p. 143).
Comportamento mimetico
Senza soffermarmi a considerare il conformismo, dettato dalla convenienza (vera o presunta) o dalla scarsa fiducia nelle personali capacità cognitive (che può portare a fidarsi più del giudizio del gruppo che del proprio), e a descrivere l'istinto gregario ed il bisogno di appartenenza, non di rado congiunti con la forza delle abitudini, ricordo che i desideri, i comportamenti, le opinioni, le credenze, i valori ― persino gli stati d'animo e i sentimenti ― sono spesso imitati da quelli degli altri, anche inconsciamente e indirettamente (ad esempio attraverso i mass media), soprattutto quando ottengono approvazione e remunerazione sociali. Del resto, spesso le persone, allentando i freni inibitori, imitano persino comportamenti immorali e criminali, se notano che gli altri li stanno ponendo in essere (v. Richard E. Petty, Stephen G. Harkins, Kipling D. Williams and Bibb Latané, The effects of group size on cognitive effort and evaluation, in Personality and Social Psychology Bulletin, Vol. 3, N. 4, SAGE Publications, Newbury Park 1977, pp. 579-582). Sul comportamento mimetico ha scritto pagine interessanti un filosofo francese morto pochi anni fa, René Girard, nonostante alcuni tratti del suo pensiero, in particolar modo quelli attinenti alla religione ― di cui non comprende adeguatamente la fondamentale funzione di “instrumentum regni” per controllare, guidare e dominare le masse e i singoli ―, non siano condivisibili, specialmente dal punto di vista psicologico, in quanto talune sue idee appaiono troppo estremiste e semplificanti: del resto penso che sia impossibile non generalizzare in opere che trattino temi di tale ampiezza. Questo Post non è, però, la sede opportuna per analizzare e discutere le tesi del Girard.
Attaccamento affettivo
Per comprendere perché le persone non abbandonino credenze o sistemi di credenze sbagliati, anche dopo che sia stato loro dimostrato che ciò in cui credono è falso, non basta fare riferimento agli errori logici, all'indottrinamento e alla propaganda particolarmente pervasivi ed efficaci, all'ambiente di vita e all'impulso mimetico, o alla creduloneria alimentata dalla nescienza e dall'emotività, soprattutto dal bisogno di evadere dalla realtà e sperare, ovvero di illudersi ― magari acuito artatamente mediante un terrorismo psicologico ansiogeno ―, che può condurre a credere a ciò che fa piacere e conforta, inducendo uno stato di benessere psichico, almeno per un certo periodo (v., ad esempio, il mio Post precedente “L’imminente ritorno del Signore Gesù” e il cap. XVIII del Libro III del De bello gallico, in cui Giulio Cesare scrive, con la consueta sagacia, che “fere libenter homines id quod volunt credunt”, cioè che “generalmente gli esseri umani credono volentieri a ciò che desiderano”), bisogna prendere in considerazione un'altra determinante molto importante del comportamento umano: l'attaccamento affettivo (per un primo approccio a questo tema, potete leggere di Jeremy Holmes, La teoria dell'attaccamento. John Bowlby e la sua scuola, trad. it. di S. Federici, G. Nebbiosi e M. Sghirinzetti, Raffaello Cortina Editore, Milano 2017), unitamente a tutte le altre istanze della sfera emotiva. Se si presentano come positive e si riescono a far amare, sin dalla più tenera età, figure reali o mitologiche, pratiche insensate, idee false, in modo che si produca un attaccamento affettivo a esse, distaccarsene potrebbe costare molta fatica e sofferenza. Ho potuto osservare personalmente un soggetto anziano (profondamente italiano come me) di genere femminile, dichiaratamente ateo e comunista, che, quando capitava davanti a una chiesa cattolica aperta, non poteva evitare di entrarvi e di toccare con molto trasporto affettivo una statua della Madonna: alla mia domanda sulle motivazioni di tale pratica, rispose che era stata abituata così fin da piccola e che, quando toccava la statua, sentiva “qualcosa al cuore”. “Noi compiamo sforzi per cercare di acquisire una gamma di sensazioni più o meno forti, più o meno profonde: talvolta la possiamo chiamare esperienza, altre volte conoscenza, altre ancora amore, o la ricerca di Dio o della verità; e aggiungiamo anche la sensazione di essere nel giusto, o di essere il valido interprete di un’ideologia. Lo sforzo è acquisire gratificazione, che è sensazione” (Krishnamurti, Liberarsi dai condizionamenti, a cura di C. Lamparelli, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2006, p. 61).
Economia e dissonanza cognitive
In
virtù di una sorta di economia cognitiva (v. Ranald D. Hansen, Cognitive
economy and commonsense attribution processing, in J. H. Harvey and G. Weary (a
cura di), Attribution: Basic issues and applications, Academic Press,
Orlando 1985, pp. 65-85), le persone tendono a non abbandonare le ipotesi di
partenza (anche se sbagliate), cercando prove che sembrino confermarle (magari sulla base di una comprensione erronea dei dati empirici) ed escludendo i controfatti o interpretandoli in modo che non
contraddicano i punti di vista iniziali e diventino coerenti con la propria
struttura cognitiva e interpretativa. In tal modo cercano di evitare la
cosiddetta dissonanza cognitiva, la quale, essendo psicologicamente
sgradevole, spinge l'individuo ― che si trova di fronte a evidenze
contraddittorie ― ad attivarsi nel tentativo di conservare le convinzioni di partenza. Chi fosse interessato alla teoria della dissonanza
cognitiva può leggere un libro molto noto di Leon Festinger, Teoria della
dissonanza cognitiva, trad. it. di S. Zecchi, Franco Angeli, Milano
2001. Alcune
persone producono fantasie (anche sulla base di quanto è loro
comunicato da altre) con le quali controllano, a livello
puramente mentale, ciò che accade, interpretandolo in modo a loro
favorevole, e riescono così a mantenersi in uno stato artificiale di
felicità, il quale viene protetto da un sistema difensivo creato
anch'esso dalla loro fantasia, ossia da una fitta barriera mentale difensiva, che, se non
crolla, ad esempio sulla spinta della fame di realtà, può inghiottirle
in una spirale psicotica di fantastico controllo narcisistico della
realtà stessa (v. Phyllis Greenacre, Studi psicoanalitici sullo sviluppo emozionale, trad. it. di A. Ponsi, G. Martinelli Editore, Firenze 1979, p. 217).
Le organizzazioni, anche quelle
religiose, presentano all'esterno un'immagine positiva di sé che spesso non
corrisponde alla realtà e si sforzano di contrastare le voci critiche,
soprattutto quelle veritiere, che potrebbero intaccarne la reputazione. Nelle
istituzioni più repressive i membri sono dissuasi dall'informarsi su posizioni
difformi da quelle insegnate a livello ufficiale e costretti ad affermare in
pubblico opinioni contrarie a quanto pensano in privato, creando così una
spiacevole dissonanza cognitiva, con la conseguenza che la loro opinione
personale tenderà a mutare, nel senso di uniformarsi in maggior misura a quanto
asserito pubblicamente, in modo da ridurre il disagio causato dalla dissonanza
(v. L. Festinger and J. M. Carlsmith, Cognitive consequences of forced
compliance, in The Journal of Abnormal and Social
Psychology, 58 (2), Washington, D.C. 1959, pp. 203-210).
Evitate di dare ragione a quelle persone (compresi alcuni/e “professorucoli/e” delle università, magari anche famosi/e e pieni/e di boria) che, solo perché ricoprono una carica importante o sono plurititolate o tirano in ballo, senza una valida ragione, Dio oppure la figura mitica del diavolo, vi chiedono di credere a quanto affermano: esigete che ciò che sostengono vi sia, nei limiti del possibile, dimostrato (siate molto cauti nel fidarvi dei dati statistici, che molto spesso sono interpretati in modo strumentale); se si appellano unicamente all'autorevolezza loro o di qualcun altro, diffidate, perché forse stanno facendo soltanto il loro interesse e non il vostro: non sopravvalutate e non idealizzate nessuno. Evitate di ripetere a voce o per iscritto quanto asseriscono costoro; non fatelo nemmeno per convenienza o paura: potreste trovarvi un giorno a pensarla esattamente come loro! I cosiddetti “esperti” (tra cui si trovano anche squallidi opportunisti) possono asserire falsità sia in buona che in mala fede. Capita che nelle università alcuni studenti più capaci e meritevoli di altri siano intenzionalmente boicottati sia dai docenti sia dagli altri studenti e da altri soggetti perché non arrivino in alto. Per ridurre lo strapotere delle baronesse e dei baroni universitari e fare in modo che siano premiati di più i meriti reali, è necessario abolire il valore legale dei titoli di studio. Ad ogni modo noi Italiani dimostriamo in genere troppo poco amor proprio e scarsa autostima in confronto agli abitanti dell'Europa centrale e settentrionale, che curano molto di più anche la loro immagine esterna. Siate molto critici nel valutare le informazioni ricevute e le fotografie o i video che vi vengono mostrati ― con un semplice smartphone è possibile realizzare immagini fotografiche e video di situazioni fittizie, che simulano perfettamente situazioni reali ―, tenendo altresì presente che è possibile utilizzare persone molto somiglianti alle vittime e ad altri soggetti (o camuffate in modo da sembrare loro: è abbastanza facile imitare anche le voci) per screditare o comunque far soffrire le suddette vittime, le quali possono anche essere drogate contro la loro volontà per far loro assumere condotte compromettenti e farle uscire di senno o solo per dimostrare falsamente che sono tossicodipendenti: diverse morti per overdose da sostanze stupefacenti sono provocate intenzionalmente da persone insospettabili, consapevoli del fatto che gli esseri umani errano di frequente e sono facilmente ingannabili in merito alle cause dei fenomeni di cui vengono a conoscenza. Il fatto che un evento venga osservato (o anche solo dato per certo) prima di un altro o in concomitanza con quest'ultimo, non dimostra che esso sia con sicurezza la causa di quello verificatosi in seguito o contemporaneamente: l'espressione latina “cum vel post hoc, ergo propter hoc” riassume in modo perspicuo l'errore di chi ritiene che “con questo o dopo di questo” implichi necessariamente “a causa di questo”, pur in assenza di prove certe del supposto nesso causale.
Sebbene esistano nutriti stuoli di servi/e dei potenti (che ci vogliono suddivisi in gruppi umani contrapposti, se non possono averci tutti dalla loro parte: le persone di umile livello sociale tendono a “beccarsi” tra loro come i capponi in mano a Renzo Tramaglino, descritti nel cap. III dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni), pronti ad avallare ogni menzogna e a compiere le azioni più nefande, pur di ingraziarseli (a volte anche perché illusi dalla falsa promessa di poter essere considerati finalmente “amici”), abbiate il coraggio di affermare ciò che realmente pensate, anche se questo vi pone in contrasto con il pensiero dominante (che da alcuni lustri è diventato talmente intollerante e dittatoriale da limitare fortemente la libertà di espressione: chi vuole imporre la falsità ricorre a brutali metodi coercitivi, quando le tecniche di persuasione non bastano) e diversi soggetti influenti arrivano a perseguitare a morte chi si oppone alle loro menzogne. In genere le persone sono restie a esprimere opinioni difformi da quelle espresse dalla maggioranza, anche per evitare il disagio psicologico che di per sé comporta la manifestazione di un'opinione dissenziente (v. Morton Deutsch and Harold B. Gerard, A study of normative and informational social influences upon individual judgment, in The Journal of Abnormal and Social Psychology, 51 (3), Washington, D.C. 1955, pp. 629-636). In Trentino, dove sono vittima, fra l'altro, di numerose infamanti calunnie (hanno dimostrato addirittura la codardia di scrivere sulle pareti esterne di alcuni edifici diffamazioni molto gravi e del tutto inventate ai miei danni), lo stanno facendo anche con me, che non sono trentino, ma milanese, per nascita e per penchant: in Trentino molti mi chiamano, con disprezzo razzista e odio etnico, “talian de merda” (“Italiano di merda”) o “cane italiano” e in altri modi ingiuriosi e razzisti. Mi calunniano anche al fine di procurarsi dei pretesti per aggredirmi vigliaccamente.
Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». […]
«Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui,
Sono di perenne attualità le parole che il commediografo latino Terenzio, nella sua celebre commedia intitolata Andria, fa pronunciare al liberto Sosia: “[...] namque hoc tempore obsequium amicos, veritas odium parit” (Publius Terentius Afer, Andria, Actus I, Scaena I, versus 68), che significano: “[...] infatti in questo tempo l'adulazione procura amici, la verità genera odio”. Le persone veramente altruiste sono molto poche: i più fingono di fare gli interessi degli altri per poter fare meglio i propri, potendo, in molti casi, avvalersi illegalmente di dati personali, che, se fossero rispettate le norme in materia di privacy e di segreto professionale o d'ufficio, non dovrebbero conoscere.
Non credete ciecamente a chi vi propone soluzioni semplici e indimostrate a problemi molto complessi o insolubili (basti pensare, fra i tanti esempi possibili, alla morte), come sono in genere quelli affrontati dalle religioni diffuse nel mondo e dalle ideologie socio-politiche (siano esse di destra, di sinistra o di centro): né le une né le altre, per quanto siano seducenti, sono in grado di creare una “nuova umanità”, essenzialmente diversa e migliore della precedente, sebbene possano fornire sistemi di credenze e valori condivisi in grado di rinsaldare il vincolo comunitario. Purtroppo gli esseri umani sono sempre tentati di seguire qualche leader carismatico/a che, arrogandosi funzioni profetiche e soteriologiche, vuole interpretare il ruolo dell'“Eletto”, del “Giusto”, dell'“Uomo” o della “Donna della Provvidenza”, capace di cambiare radicalmente la società, e che propone, per asservire i seguaci, un profetismo sociale e un fanatismo criptoreligiosi, spesso caratterizzati da una struttura mitologica che mutua concetti e metodi dall'ideologia messianica giudeo-cristiana: tale ideologia ha influenzato sensibilmente anche la filosofia marxiana e il marxismo-leninismo (in cui i residui della tradizione giudeo-cristiana appaiono deformati da una concettualizzazione d'impronta atea e materialista, che assegna al proletariato un ineludibile ruolo messianico e salvifico), il concetto nietzschiano di “Übermensch”, il progetto del “Tausendjähriges Reich” (“impero millenario”), coltivato dai nazionalsocialisti tedeschi, il movimento New Age, alcune teorie dell'odierno transumanesimo e l'illusione che il progresso scientifico e tecnologico possa arrecare al genere umano uno stato di perenne felicità (progresso che, peraltro, già ora è in grado di snaturarlo profondamente).
Gli esseri umani da soli non sono in grado di realizzare il “regno di Dio” su questa terra, di trasformarla in un “paradiso” ― avrebbe dovuto essere Dio stesso, per mezzo di Gesù Cristo (cfr. 1 Cor 15, 24), a instaurare il Suo regno (v. il Post “L’imminente ritorno del Signore Gesù”) ―, ma possono e devono adoperarsi affinché tutti gli abitanti di essa godano di migliori condizioni di vita.
![]() |
Guglie del Duomo di Milano, mia città natale. © Carlo Margutti. |
Antropomorfismo fisico e antropopatia di Yahweh
Ricordo, a illustrazione di quanto scritto sopra, che, nell'ambito della mitologia del popolo di Israele e degli altri antichi popoli semiti (sono denominati “semiti” i popoli che parlano lingue del gruppo semitico, una sottofamiglia della famiglia linguistica afro-asiatica: Ebrei, Aramei, Caldei, Arabi, ecc.), non è dato trovare cause prime di tipo impersonale, sia perché i popoli primitivi e antichi dimostrano una spiccata tendenza all'antropomorfismo, sia perché il simbolo più facile da ideare, manipolare e trasmettere per diffondere un determinato concetto era il simbolo dell'attività personale, soprattutto quella delle figure divine, a cui venivano attribuiti tratti e comportamenti umani (per denominare questo fenomeno si usa l'espressione antropomorfismo fisico), oltre a sensazioni, emozioni e sentimenti propri della specie umana (in questo caso si parla di antropopatia o antropomorfismo psichico); nell'Antico Testamento, accanto al divieto assoluto di creare immagini di Yahweh e alla palese negazione che egli sia come una qualsiasi creatura, coesiste, a livello verbale, un evidente antromorfismo fisico (Yahweh ha un suo volto con bocca, occhi, orecchie, narici; ha anche mani e piedi; sa parlare e ascoltare, a volte fischia e sibila, inoltre cammina, ride, scrive e, se adirato, può colpire duramente) e un'accentuata antropopatia (Yahweh prova amore e odio, piacere e dispiacere, disgusto e compassione; sa rallegrarsi così come adirarsi): v. ― con diverse riserve, in particolare laddove considera reale quanto è pura invenzione umana ― Terence E. Fretheim, The Suffering of God: An Old Testament Perspective, Volume 14 di “Overtures to Biblical Theology”, Fortress Press, Philadelphia 1984.
Persuasori occulti
Troppi ricercatori si fidano aprioristicamente
di quanto leggono in riviste e volumi
(inclusi
quelli di esegesi biblica) che godono della stima della comunità
scientifica, senza effettuare ulteriori ricerche personali, e si rendono
così pericolosi diffusori di paradigmi dominanti che potrebbero non
avere ragione di essere. Benché sia impossibile verificare tutto ciò che
viene detto o scritto, è utile adoperarsi a esaminare personalmente, con tutti i mezzi a disposizione, gli stereotipi e i luoghi comuni che vengono continuamente propinati, rimanendo peraltro consapevoli che la chimerica “oggettività” e le cause prime della realtà non sono attingibili dagli esseri umani e che purtroppo esistono molteplici tecniche per far credere qualsiasi cosa (su di me sono riusciti, con metodi sicuramente non alla portata di tutti, a far passare per vere falsità inconcepibili) e accettare qualunque valore, suscitare nelle persone sentimenti di odio o amore ingiustificati e indurle a porre in essere comportamenti contrari ai loro interessi. “Sono all’opera su vasta scala
forze che si propongono, e spesso con successi sbalorditivi, di convogliare le
nostre abitudini inconsce, le nostre preferenze di consumatori, i nostri
meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi a prestito dalla psichiatria e dalle
scienze sociali. È significativo che tali forze cerchino di agire su di noi a nostra
insaputa, sì che i fili che ci fanno muovere sono spesso, in un certo senso,
«occulti». [...] Vi sono, ad esempio, degli
specialisti che studiano sistematicamente le nostre segrete debolezze e
vergogne nell’intento di influenzare più efficacemente il nostro comportamento” (Vance Packard, I persuasori occulti, trad. it. di C. Fruttero, settima edizione, Einaudi, Torino 1958, p. 5 e p. 7).
In molti casi è praticamente impossibile far emergere la verità (anni fa un docente universitario, che era stato anche magistrato, replicò così a una esternazione sul mio desiderio di ricercare la verità: “A noi la verità non interessa”). Più spesso di quanto generalmente si pensi, le persone “scomode”, che si vogliono distruggere (anche quelle considerate tali solo perché sono più capaci, meritevoli e oneste di altre che però godono di “appoggi” particolari), sono studiate dal punto di vista psicologico e controllate, in tutti gli ambiti in cui si esplica la loro esistenza, per lunghissimo tempo (ad esempio, senza ricorrere all'uso di microspie e ad altre intercettazioni, oggi è molto facile, per soggetti sia pubblici che privati, monitorare accuratamente le masse e i singoli attraverso gli smartphone, di cui quasi tutti sono dotati), almeno fino a quando non si scopre qualche illecito (anche involontario) da loro commesso, che viene ingigantito ad arte; qualora non lo si scopra, può capitare che siano indotte con metodi criminali a compierne qualcuno (ad esempio, abbinando le tecniche psicologiche alla somministrazione occulta di sostanze attive sul sistema nervoso centrale) o che sia loro attribuito (costruendo prove o indizi falsi) qualche atto riprovevole, mai compiuto, ma verosimile per gli individui a cui viene raccontato. “Il Panopticon [corsivo originale: v. Jeremy Bentham, Panopticon, or the Inspection-House, T. Payne, London 1791. Nota mia] funziona come una sorta di laboratorio del potere. Grazie ai suoi meccanismi di osservazione, guadagna in efficacia e in capacità di penetrazione nel comportamento degli uomini; un accrescimento di sapere viene a istituirsi su tutte le avanzate del potere, e scopre oggetti da conoscere su tutte le superfici dove questo si esercita” (Michel Foucault, op. cit., p. 223). Facendo leva sull'effetto alone, una o poche caratteristiche negative scoperte o inventate su una persona (o un'organizzazione sociale) possono essere dilatate fino a definire negativamente la persona (o l'organizzazione) nel suo complesso o comunque altri suoi tratti salienti (v. Solomon E. Asch, Forming impressions of personality, in The Journal of Abnormal and Social Psychology, 41 (3), Washington, D.C. 1946, pp. 258-290). È abbastanza comune che si cerchino o si creino dei pretesti per colpevolizzare la vittima che si vuole aggredire fisicamente e/o psicologicamente: se si riesce ad attribuirle, in modo convincente, qualche comportamento considerato deplorevole o semplicemente anomalo, è molto più probabile che vengano creduti reali gli altri comportamenti negativi di cui è falsamente accusata. Ad esempio, la Chiesa Cattolica, soprattutto durante il medioevo, in mancanza di altre imputazioni più significative e circostanziate, accusava spesso di peccaminose deviazioni sessuali proprio quegli eretici che predicavano e non di rado praticavano la castità: basti pensare alle continue false accuse di cui furono vittime i “perfecti” catari (cfr., a proposito delle accuse sessuali mosse agli eretici, Jean Guiraud, Histoire de l'Inquisition au Moyen Âge, T. II, Editions Auguste Picard, Paris 1938, pp. 173-196 e Gregorio IX, Bulla “Vox in Rama” del 13 giugno 1233). Nelle diatribe politiche e giornalistiche viene sempre più usato l'“argumentum ad hominem”, perché impressiona molto l'opinione pubblica, che spesso non si rende esattamente conto dei termini della questione: si attacca e si tenta di screditare la persona, anziché la tesi che propone, nell'intento di squalificare la tesi stessa. Se il diffamato si intimidisce di fronte alle false accuse o non dispone degli strumenti per diffondere qualche notizia in grado di porre termine a esse, è probabile che le diffamazioni nei suoi confronti aumentino, perché la vox populi tende a inventare i fatti ― di solito in linea con le diffamazioni iniziali e a partire da alcuni comportamenti o esternazioni per lo più reali, ma interpretati in maniera errata e isolati dal contesto di vita ―, quando non ne riceve informazione, in modo convincente, dalla persona interessata o da altri (fatte le debite distinzioni, questo vale, in senso sia positivo che negativo, anche per Gesù).
Come vi ho già accennato, nei rapporti interpersonali
le rappresentazioni mentali che le persone si formano le une delle
altre contano di più della realtà effettiva, perché le valutazioni e i
giudizi degli esseri umani si fondano sulla percezione e
sull'elaborazione soggettive dei dati provenienti dal mondo esterno, che
non può mai essere conosciuto direttamente e di per sé, per limiti
intrinseci alla natura umana, ma solo attraverso la mediazione dei sensi
e del sistema nervoso centrale: è il nostro encefalo a produrre l'illusione che noi abbiamo un contatto diretto con gli oggetti del mondo fisico. Anche la medievale gnoseologia tomista non ignorava che “cognitum autem est in cognoscente secundum modum cognoscentis” (Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I, q. 12, a. 4, co.), cioè che “l'oggetto conosciuto è nel soggetto conoscente secondo il modo del conoscente”. La
reputazione costituisce una costruzione sociale complessa, basata, in ultima
istanza, non sulla realtà, ma sull'interpretazione e sulla
rielaborazione delle impressioni e delle
informazioni (positive e/o negative) ricevute da terzi relativamente a una persona
fisica o giuridica. Quando in una collettività un individuo viene
etichettato come
deviante, è probabile che molti membri di essa lo trattino come tale e
può succedere che egli stesso, se non dispone di mezzi adeguati, arrivi
ad accettare
l'etichetta che gli è stata imposta
e a ridefinire la sua identità e il suo futuro, percependosi come
deviante e tentando di adattarsi al ruolo connesso al nuovo status sociale acquisito (v. Edwin McCarthy Lemert, Social Pathology: A systematic approach to the theory of sociopathic behavior, McGraw-Hill, New York
1951): i soggetti ingiustamente etichettati come devianti per qualche fatto grave sono
sottoposti a maggiori controlli, rispetto al resto della popolazione,
anche da parte di forze dell'ordine e magistratura, con la conseguenza
di rendere più probabile la scoperta di eventuali comportamenti devianti
(in questo caso reali, ma molto spesso di scarso rilievo sociale), la quale porterà inevitabilmente a rafforzare
l'etichetta di devianti che è stata loro affibbiata, così
come la rafforzano le ulterioni calunnie che possono essere divulgate
contro di loro. È
sufficiente che qualche membro delle forze dell'ordine chieda ad alcuni soggetti di controllare o comunque di fare attenzione
a
una certa persona perché questa persona, anche se normalissima e onestissima,
sia etichettata, almeno per un certo periodo, come deviante. Mentre
i ricchi e i potenti di solito riescono a presentare un'immagine
favorevole di se stessi e a difendersi adeguatamente da eventuali stigmatizzazioni, perché dispongono dei mezzi economici necessari e di una rete relazionale che li supporta e li protegge, al contrario “i poveri, ci vuol poco a farli comparir birboni” (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi,
cap. XXIV). In diversi casi sono impiegate
violenze o minacce per costringere le persone ad affermare il falso, a volte anche contro loro stesse.
Alcune vite vengono distrutte sulla base di un semplice scambio di favori.
“8Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte?” (Is 53, 8a. Bibbia CEI 1974).
Poiché mi state a cuore, vi informo, qualora non lo sappiate già, che uno degli strumenti attualmente molto usati per nascondere la commissione di gravissimi reati è costituito da alcune potenti sostanze psicoattive che impediscono alla vittima di ricordare tali reati per un lungo periodo di tempo (in Trentino le hanno usate numerose volte anche contro di me ― che non bevo alcol, non fumo, non ho mai assunto volontariamente stupefacenti e che sono rimasto, nonostante le pressioni disumane, sempre fedele all'Italia ― dopo che avevo subìto violenze e torture raccapriccianti, fisiche e psicologiche, di cui porto ancora i segni; mi somministrano vigliaccamente sostanze psicoattive anche prima di infliggermi in branco le sevizie, per impedirmi di reagire. Per quello che ricordo, due volte sono stato drogato contro la mia volontà anche in Alto Adige): queste sostanze sono impiegate anche da persone altolocate, apparentemente al di sopra di ogni sospetto, per celare i loro orribili crimini. Lo stalking di gruppo o organizzato è una tragica e innegabile realtà, ma attualmente le indicazioni di coloro che godono di un potere effettivo sono nella direzione di far passare le vittime per soggetti deliranti, anche se non lo sono assolutamente, nella consapevolezza che gli sprovveduti, ignari dell'esistenza di siffatte fattispecie criminose, tendono a considerare squilibrati coloro che le denunciano: può essere molto difficile, se non impossibile, difendersi dagli atti persecutori, qualora essi vengano posti in essere da membri dei servizi di sicurezza (meglio noti come “servizi segreti”), delle forze dell'ordine o delle forze armate, da magistrati, da alte cariche politiche, amministrative e religiose, ecc. Diversi psichiatri, anche se in presenza di prove evidenti degli atti persecutori, formulano, in mala fede, false diagnosi di disturbo delirante, pur di non mettersi contro certe persone, e possono trovare magistrati, altrettanto disonesti, pronti ad avallarle. Non è infrequente che, quando sono in gioco interessi rilevanti, si tenti di far passare per pazze (non è realistico immaginare una psichiatria obiettiva e totalmente svincolata sia dal potere politico che da quello giudiziario e dall'influenza esercitabile da membri delle forze dell'ordine) o di far impazzire veramente (anche alcuni psichiatri e psicologi si prestano a questo) le persone considerate scomode, ad esempio attraverso il suddetto stalking organizzato, le tecniche di gaslighting, i traumi ripetuti, la somministrazione di sostanze psicotrope, fino ad arrivare ai famigerati progetti MKUltra, Monarch e affini, che sono implementati in segreto anche nel continente europeo. Alcuni soggetti vengono eliminati facendoli ammalare di patologie potenzialmente mortali, contagiandoli intenzionalmente o in altri modi. A me, che ingenuamente ho sempre creduto nelle istituzioni, ha causato un immenso dolore riscontrare comportamenti gravemente criminali in membri della polizia giudiziaria e della magistratura (due settori che devono essere risanati e che non devono godere dell'impunità). La mafia locale ― molto pesante e pervasiva sia all'esterno che all'interno delle istituzioni ― esiste anche in territori, come il Trentino, dove si fa di tutto per nasconderla: v'è da dire che sfortunatamente mi tocca vivere in questa provincia a statuto speciale chiamata Trentino (che fa veramente di tutto per presentare un'immagine di sé che sembri il più possibile positiva, celando sistematicamente gli aspetti negativi), pur essendo un non trentino e un non allineato (per motivi di coscienza e per i miei natali), che comprende e afferma alcune verità scomode su questa provincia, purtroppo autonoma. Mi fanno molto del male anche non trentini insediatisi in Trentino, che sperano di trarre in questo modo dalla loro parte i trentini, da cui in alcuni casi hanno sentito calunnie contro di me. Bisogna lavorare molto affinché chi dice la verità non sia perseguitato e martirizzato. La superbia è un brutto vizio: stanno sprecando ingentissime risorse solo per farmi del male. Non ho trovato da nessuna parte tanta criminalità nascosta, tanta falsità e tanto razzismo (sempre negato da chi lo fa e spesso anche da chi lo subisce, per “quieto vivere”) come in Trentino: volesse il cielo che un giorno avessi la fortuna di abbandonarlo!
“[Gli empi] 1dicono fra loro sragionando: «[...] 14È
diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al
vederlo, 15perché la sua vita non è come quella degli altri, e
del tutto diverse sono le sue strade»” (Sap 2, 1. 14-15. Bibbia CEI 2008).
Io continuerò a combattere perché si possa vivere in uno Stato di diritto, fondato sul rispetto dei diritti inviolabili di ogni persona umana (v. art. 2 Cost. it.), anche se ciò, oltre alla disumana persecuzione attuale, mi costerà alla fine la perdita definitiva della vita (un agente di p.g. mi ha detto che prima mi fanno soffrire moltissimo e poi mi uccidono quando vogliono loro): in Trentino hanno tentato, con ogni efferatezza (ad esempio, con sequestri di persona ― anche per strada: potete ben immaginare chi può commettere impunemente simili reati ―, violazioni di domicilio ― a volte con l'introduzione surrettizia in esso di cose non mie ― e della privacy, perquisizioni e intercettazioni illegali, percosse, molestie di ogni tipo, torture, fisiche e psicologiche, e violenze, anche sessuali, con lesioni personali, persino a un occhio, minacce gravi a me e ai miei familiari, imposizioni e intimidazioni mafiose, somministrazioni di droghe pesanti contro la mia volontà, sostituzioni di persona ― per esempio, si sono spacciati per parenti a me prossimi e cari alcuni soggetti molto somiglianti a loro, e altri estranei si sono spacciati per me ― e tentativi molto subdoli di infangare pesantemente i miei parenti lombardi, sottrazione e distruzione di prove documentali contro trentini e soprattutto trentine, falsificazione di prove contro di me, danneggiamenti e sottrazioni di cose di mia proprietà, provocazioni pesantissime, istigazioni a delinquere, impiego di trappole sessuali (per accusarmi disonestamente di violenza sessuale), denominato in inglese honey trapping, o di altro genere, e di ologrammi, messe in scena traumatizzanti e visione coatta di video altrettanto traumatizzanti, terapie nocive o comunque inadeguate, perfino rapine di somme di denaro ― non perché ne avessero bisogno, ma perché, come mi hanno detto, dopo avermi immobilizzato a letto per mezzo di droghe, volevano “vedermi frugare nei rifiuti”: ovviamente non si tratta di delinquenti comuni ―, ecc.), e tentano ancora vigliaccamente di indurmi a delinquere, al male, alla disperazione e al suicidio, ma io non commetto volontariamente ingiustizia. Purtroppo chi ha potere può molto facilmente uccidere un essere umano, dissimulando l'omicidio, ma, dopo di me, verranno altre persone altruiste, che amano il Diritto, la Giustizia, la Verità.
Copyright © 2021 by Carlo Margutti.
All rights reserved
10 gennaio 2021