“The imminent return of the Lord Jesus”

† “The imminent return of the Lord Jesus” † The Blog deals with the Parousia announced as imminent in the New Testament but never occurred, other missed prophecies and more... The great Christian Promise has not been kept. Some historical “truths” about Jesus and Christianity. This is a religious website.

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23 giugno 2025

Considerazioni teologiche sul “messaggio di Fatima” † Theological Considerations on the “Message of Fatima”

 

[...] dove abbondò il peccato,
sovrabbondò la grazia 
(Rm 5, 20. Bibbia CEI 2008).



Di solito, Dio accompagna le Sue rivelazioni con una conoscenza intima e minuziosa di quel chesse significano. Ma di ciò non oso parlare, perché ho paura che ci sia, cosa che mi pare molto facile, inganno della mia immaginazione. Giacinta sembrava aver questa conoscenza in un grado molto elevato (Suor Maria Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria, OCD, Memorie di suor Lucia, Vol. 1, compilazione di p. Luigi Kondor, SVD, 8a edizione, Fatima 2005, p. 128).

 

Prima statua di Nostra Signora di Fatima
José Ferreira Thedim, Prima statua di Nostra Signora di Fatima.

Il messaggio di Fatima”, a causa della sua vasta portata ecclesiale e del suo rilevante influsso sulla coscienza credente, non può essere relegato a una dimensione puramente privata della fede o considerato alla stregua di una semplice espressione di religiosità popolare. Esso tocca direttamente cruciali questioni teologiche, soprattutto di natura escatologica e pastorale, che interpellano tanto il Magistero della Chiesa quanto il sensus fidei di ogni fedele cattolico e richiedono un discernimento attento e rigoroso.

Le narrazioni legate agli eventi di Fatima, in particolare quelle affidate alla memoria della veggente suor Lucia (v. Suor Maria Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria, op. cit.) riflettono un ambiente spirituale segnato da una religiosità intensamente emotiva, talvolta esasperata fino all'eccesso, nutrita da un indottrinamento sistematico, da suggestioni di massa, da pratiche ascetiche sproporzionate ed estreme (come genuflessioni molto prolungateestenuanti digiuni e altre crudeli automortificazioni) e da una concezione ansiogena del peccato. Tale contesto favorì l'emergere di contenuti visivi e dottrinali che riflettono più una costruzione antropologica e culturale che una genuina rivelazione divina.

È importante rilevare come l'immaginazione dei fanciulli veggenti (che si influenzavano reciprocamente) sia stata profondamente condizionata da elementi iconografici e catechetici tipici della devozione popolare (si pensi, ad esempio, alle rappresentazioni, allora in auge, degli angeli, della Madonna e dei Sacri Cuori, alla consuetudine delle corone di rose, alla venerazione per il Santo Padre, all'esigenza di espiare i peccati propri e altrui, sacrificandosi per la salvezza della propria anima e di quella degli altri peccatori), nonché dalla difficile situazione ecclesiale in Portogallo, letta, in chiave demonologica, come frutto dell'assalto di Satana alla Chiesa. È teologicamente lecito domandarsi se le visioni escatologiche dei veggenti di Fatima, cariche di immagini dell'Inferno e di tormenti eterni, non siano state generate — almeno in parte — da un processo di interiorizzazione di siffatte suggestioni esterne.

Il giudizio teologico su tali dinamiche non può prescindere da una loro attenta valutazione alla luce della Rivelazione pubblica. Il Concilio Vaticano II afferma con chiarezza che la Rivelazione divina si è compiuta definitivamente in Cristo: “L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo” (Cost. dogm. Dei Verbum, n. 4). Il ruolo di ogni rivelazione privata, anche quando riconosciuta come degna di fede, non è quello di «migliorare» o «completare» la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 67), quindi di condurre gli uomini a Dio, senza sostituirsi al vangelo.

La centralità della misericordia di Dio, così luminosa nella Scrittura, appare invece offuscata in alcune espressioni del messaggio di Fatima, in cui si fa riferimento a un Dio che infligge pene terribili per peccati non citati espressamente dalla Sacra Scrittura (ad esempio, per quelli contro il Cuore Immacolato di Maria) e che addirittura subordina la salvezza di anime al numero e all'intensità dei sacrifici offerti da tre fanciulli. A tal proposito, non si possono minimizzare alcune parole fondanti della Rivelazione biblica: “Misericordia io voglio, non sacrifici” (Mt 9, 13. Bibbia CEI 2008, come per le successive citazioni bibliche; cfr. Os 6, 6); e ancora: “[il Signore] non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2 Pt 3, 9). L'idea di una salvezza condizionata alla sofferenza volontaria dei piccoli appare teologicamente inadeguata, laddove il Nuovo Testamento ci ricorda che “[…] uno solo [è] il mediatore fra Dio e gli uomini, luomo Cristo Gesù (1 Tm 2, 5), dato che: «è apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2, 11).

Non è senza rilevanza il fatto che, nei racconti di Fatima, si trovi un'accentuazione del sacrificio e della penitenza tale da oscurare il primato della grazia e della libertà interiore (il Nuovo Testamento contrappone spesso la schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio, ricevuta in Cristo Gesù per mezzo della grazia: cfr. Gv 8, 31-36; Rm 6, 14-18; 8, 1-2; 2 Cor 3, 17; Gal 4, 21-31; 5, 1; Eb 3, 5-6). La Bibbia, pur riconoscendo il valore della penitenza, insiste nel ribadire: 

18Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocausti, tu non li accetti.
19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi (Sal 51, 18-19; v. anche Is 1, 16-17; 58, 5-7; Gl 2, 12-13; Mt 6, 1-6. 16-18 e Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1430). 

La fede non deve essere vissuta come un'adesione emotiva o infantile a immagini fortemente suggestive, ma richiede un discernimento maturo illuminato dalla Parola di Dio e dal Magistero. Il continuo appello a “diventare come bambini” — se interpretato come regressione intellettiva ed emotiva piuttosto che come fiducia filiale in Dio — può indurre, nelle persone più fragili e vulnerabili, forme di alienazione spirituale e psicologica, perché ne mina profondamente la capacità di resistenza. Il vangelo stesso, come il resto della Sacra Scrittura, pur esortando alla semplicità del cuore (cfr. Mt 18, 3; Mc 10, 15; Lc 17, 1-2), non disdegna l'uso della ragione, che è parte integrante dell'actus fidei (cfr. Sap 13, 1-9; Is 1, 18; Mt 16, 1-3; 22, 37; Mc 12, 30. 33; Lc 10, 27-28; Gv 10, 37-38; 20, 27; Rm 1, 19-20; 1 Pt 3, 15; Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 2, a. 9, co.).

A chi solleva simili obiezioni, viene spesso risposto che solo chi si fa piccolo” può accedere al senso profondo del messaggio di Fatima, ma è la stessa Scrittura a precisare che “il Signore dà la sapienza, dalla sua bocca escono scienza e prudenza” (Pr 2, 6), e che la fede non annulla la ragione, ma la perfeziona (oltre ai luoghi citati al termine del capoverso precedente, cfr. anche Rm 1, 20 e 2 Cor 10, 5): papa Giovanni Paolo II ha ribadito che la fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità (Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Fides et ratio, Proemio).

In definitiva, ciò che emerge in taluni sviluppi della devozione a Fatima è una teologia dell'Inferno e della riparazione che, se non rettamente interpretata, rischia di perpetuare un'immagine di Dio che contraddice il cuore stesso del vangelo. L'Inferno, sebbene affermato come possibilità reale dalla dottrina cattolica (v. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1035), non può essere al centro dell'annuncio cristiano, che è fondamentalmente “lieto annuncio” (εὐαγγέλιον) della misericordia di Dio e della redenzione offerta in Cristo. La teologia e in particolare la pastorale sono oggi chiamate a custodire questa verità, per evitare che il mistero della fede sia ridotto a una pedagogia del terrore, anziché alla rivelazione dell'amore salvifico del Padre.

 

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